Aveva il rarissimo dono di riuscire a farmi ridere. Dono che valeva in oro quanto il suo peso solo che lei pesava poco davvero troppo poco. Andavano aggiunti almeno uno zaino pieno di pietre una stufa di ghisa due cavalli obesi incudini a piacere. Matilde aveva un cervello più veloce del normale e quando immaginava qualcosa sentivo il suono dei suoi pensieri. Ed era sempre lì, ad immaginare. Anche di notte i sogni facevano rumore. Al nostro primo appuntamento a casa mia Matilde mi portò un’aragosta surgelata. Fu un pensiero gentile dovetti aprirla a martellate. Dovrei forse parlarvi a questo punto di quanto amavo le sue gambe. E dei suoi occhi di quel colore così difficile. Ma credo di averlo già fatto e con tutta probabilità lo rifarò ancora e spesso e volentieri.
Matilde
Guido Catalano